Relazione vigneto storico Corfinio (Valle Peligna)
Alberto Palliotti - Universià degli Studi di Perugia
Gianmaria Fisco - Azienda Soc. Agr. Miolini Noemi S.S., Tenute del Castello - Corfinio (AQ)
Vi sono territori da lungo tempo interessati alla coltivazione della vite che hanno saputo mantenere vitali e produttivi impianti ultracentenari, costituiti prima dell’avvento della fillossera e quindi franchi di piede, ovvero senza portinnesto, spesso maritati a tutori vivi (Figura 1).
L’allevamento della vite maritata a specie arboree di modesta altezza, incluso olivo e fruttiferi, quali quelli presenti in numerose aree della Valle Peligna (Fig. 1), fu descritto e definito Arbustum italicum dallo scrittore Columella (4-70 D.C.) in contrapposizione all’Arbustum gallicum ove i tutori erano alberi di elevata altezza, quali: aceri, pioppi, olmi, ecc.
Figura 1. | Vite maritate all’olivo tipico della Valle Peligna.
Questi pochi impianti rimasti così come piccoli vigneti allevati a controspalliera bassa con limitate distanze di impianto ed elevate densità sono sopravvissuti nel corso dell’ultimo secolo grazie al lavoro dei viticoltori del luogo, spesso anziani e conservatori, ma caratterizzati da un forte legame con il territorio e con le tradizioni tramandate dagli avi.
Ciò ha consentito di far arrivare indenne fino ai tempi nostri un patrimonio arboreo di assoluta originalità e bellezza, anche se difficile e costoso da gestire, che identifica e distingue un preciso territorio.
Oggi questi pochissimi impianti ancora esistenti possono rappresentare un’opportunità di sviluppo, ad esempio mediante la costituzione di vini particolari/territoriali, soprattutto se abbinati a vitigni autoctoni e/o minori.
È proprio questo lo scopo di un progetto avviato dall’azienda vitivinicola “Tenute del Castello”, con sede a Corfinio (AQ), che mira a valorizzare il seguente trinomio:
1) vitigni autoctoni e/o coltivati da lungo tempo, nello specifico Montepulciano e Passerina (sinonimo Trebbiano Camplese);
2) un sistema di allevamento pre-fillosserico, ovvero l’allevamento a filare basso con elevata densità d’impianto;
3) il territorio d’origine, ovvero l’area di alta collina ubicata ai piedi del monte Morrone nella Valle Peligna.
Figura 2. | Propaggine eseguita su Montepulciano nel vigneto in esame.
Il vigneto in esame è franco di piede, appositi scavi eseguiti alla base dei ceppi più vecchi e grandi hanno evidenziato la mancanza del portinnesto.
Numerose sono le viti propagate nel tempo per propaggine (Fig. 2), mentre vi sono anche viti dotate di portinnesto, piantate nel corso di questi ultimi decenni per rimpiazzare le viti mancanti e/o disseccate.
Il vigneto in questione, originariamente di proprietà del Barone Vincenzo Galli Zugaro, risale al 1915, dapprima censito come uva a bacca nera ed in seguito come Montepulciano, è divenuto di proprietà del Sig. Claudio Del Castello, nel 1970 acquisendo la proprietà ed il vigneto; oggi i suoi nipoti Gianmaria e Nicolò curano questo patrimonio storico e nel 2016 hanno costituito un’azienda agricola “Soc. Agr. Miolini Noemi S.S.” proprietaria del marchio di famiglia Tenute Del Castello.
A seguito di ricerche e studi sull’origine dell’impianto, possiamo desumere la secolarità dello stesso, con il superamento nel tempo di assidue difficoltà, quali ad esempio la fillossera. Il territorio di ubicazione del vigneto, ovvero la Valle Peligna, fu con molta probabilità l’area di partenza del Montepulciano; terra cantata da Ovidio ne “Le metamorfosi“ come fertile e cara a Cerere, dea del grano, “multoque feracor uvis“, molto più fertile per il vino.
Decisamente noto è anche l’apprezzamento che il condottiero cartaginese Annibale, occupando Roma per lunghi anni, ha espresso nei confronti del vino Montepulciano d’Abruzzo. Infatti, lo storico greco-romano Polibio ne dà testimonianza in una famosa leggenda secondo cui Annibale rinvigoriva il suo esercito con il vino prodotto negli Aprutzi e lavava i suoi cavalli con esso facendoli guarire dalla scabbia.
Scavando nel tempo, un altro aspetto su cui è stata parzialmente fatta chiarezza è la disputa sulla paternità del nome “Montepulciano“ che vede protagonisti da una parte e dall’altra i viticoltori abruzzesi e quelli toscani, questi ultimi produttori del vino nobile di Montepulciano, comune in provincia di Siena. È tuttavia doveroso far presente che quest’ultimo vino è prodotto con un clone del vitigno Sangiovese, ovvero il “Prugnolo gentile” e non da uve Montepulciano. Confusione fu fatta a causa di alcune caratteristiche ampelografiche molto simili tra le due uve.
Inoltre, l’importanza e la fama legata alla famiglia dei Medici stabilirono, in qualche modo, un legame tra l’uva toscana e il territorio abruzzese quando dalla Toscana essi importarono delle tecniche enologiche nella loro Baronia di Carapelle. É in provincia dell’Aquila che si nascondono i borghi di detta Baronia come qualcosa che nasce da atmosfere incantate, modellando colline e montagne con meravigliosi esempi di architettura medioevale.
Tra il 1200 e il 1300, la Baronia di Carapelle era infatti un’importante dominio feudale comprendente i comuni di Castelvecchio Calvisio, Santo Stefano di Sessanio, Calascio e Rocca Calascio.
Annessa successivamente alle Terre di Capestrano, Ofena e Castel del Monte, quando Carlo III di Durazzo la assegnò al suo fedele vassallo Pietro da Celano, dopo varie vicende storiche, la Baronia ottenne il massimo splendore sotto la famiglia dei Medici nel 1743.
Oggi, le apparenti somiglianze tra i due vitigni in questione sono state sconfessate ancora di più da differenze sempre più marcate ed evidenti. Dal Montepulciano infatti si originano vini molto più strutturati, longevi e più carichi di colore.
Caratteristica inconfondibile del Montepulciano d’Abruzzo è infatti il suo colore impenetrabile, quasi nero, dovuto ad una rinomata ricchezza in antociani, i pigmenti del vino, rilasciati dalla spessa buccia durante la vinificazione che si svolge nella seconda metà di ottobre in virtù della maturazione tardiva delle uve.
Con riferimento alla coltivazione della vite nel comprensorio Aquilano, l’ingegnere Francesco De Bosis, presidente delle Commissioni Ampelogafiche degli Abruzzi, nel 1876 scrive:
…….. La vite è coltivata in tutte le esposizioni tanto nel piano quanto nel colle, tanto in luoghi aperti, quanto quelli riparati dal vento. Il sistema di piantamento è a vigna piena, bassa, e sostenuta nella maggior parte da pali, non generalmente, per difetto di questi, e viene coltivata alquanto bene. La vigna si pianta a scasso reale, a rettofilo, tenendo le pianticelle distanti l’una dall’altra circa un metro. Da qualche tempo le vigne nuove si piantano quasi esclusivamente di uve nere, prescegliendo quelle di Montepulciano.
Verso la metà del 1980 è stato avviato in Abruzzo un ampio programma di selezione clonale di varietà di vite da vino coordinato dall’ARSSA (Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo) della regione Abruzzo. Nello specifico la selezione clonale e sanitaria relativa al vitigno Passerina ha visto il vigneto in esame presentare esemplari idonei, ovvero sani non virosati e di alto profilo qualitativo, dai quali sono state prelevate le marze per l’allestimento dei campi di confronto necessari per l’omologazione finale dei cloni.
Il lavoro di selezione clonale, ovvero riconoscimento del vitigno mediante rilievi ampelografici, accertamento dello stato sanitario mediate test ELISA ed indexaggio biologico, valutazione produttiva e composizione delle uve e dei vini prodotti, sono stati eseguiti dopo l’allestimento di apposti campi di omologazione.
Nello specifico, tali campi di confronto o omologazione sono stati allestiti a Casanditella (CH) nella collina medio-interna a 322 m s.l.m. con giacitura collinare, di medio impasto, pendenza del 5-10% ed esposto a Est-Sud-Est e a Vittorito (AQ) a 377 m s.l.m. (altopiano interno Valle Peligna) su terreno collinare con pendenza dell’8-10%, esposizione sud-est, tendenzialmente sciolto, di media-scarsa fertilità e soggetto a siccità estiva.
Dopo svariati anni di osservazione e studi, con decreto 22 novembre 2002 (pubblicato in gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2003) sono stati omologati e quindi iscritti nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite ben 11 cloni, tra questi per l’appunto la Passerina UBA-RA-PA 18 il cui materiale di partenza, come sopra specificato, proviene proprio dal vigneto in esame (Odoardi et al., 2003).
A titolo di cronaca sono stati omologati anche 4 cloni di Montepulciano, 2 di Cococciola, 1 di Pecorino, 1 di Malvasia bianca lunga, 1 di Montonico ed 1 di Trebbiano.
Particolare del vigneto in esame, da notare sullo sfondo il monte Morrone. Nella parte alta vi sono diversi filari allevati alti, mentre in quella centrale e in basso le viti sono allevate basse con numerose propaggini che hanno sostituito nel tempo le piante disseccate.
Molte delle viti presenti sono franche di piede, soprattutto quelle originali, ovvero senza l’ausilio del portinnesto.
Tuttavia, non mancano viti ripiantate nel corso di questi ultimi decenni dotate
Il vigneto in esame è ubicato nel comune di Corfinio (AQ), territorio appartenente alla Valle Peligna (conca di Sulmona), posta sui rilievi calcarei e collegata alla fascia collinare dal cosiddetto “corridoio” delle gole di Popoli.
Dalla carta geolitologica dell’Abruzzo emerge che tale impianto ricade nelle piattaforme carbonatiche (Trisas superiore-Cretacico) della successione laziale-abruzzese: calcari e dolomie accumulatesi in un mare tropicale, con sviluppo di scogliere coralline (fossili: coralli e rudiste) (Colacicci e Parotto, 2006). In parte ricade anche su rocce sedimentarie marine: soprattutto arenarie e argille accumulatesi entro avanfosse (Miocene -Pliocene).
Nel 2019, in entrambi i vitigni la produttività espressa è risultata sufficiente a garantire un corretto equilibrio vegeto-produttivo delle piante senza interventi antropici aggiuntivi (Tabella 1). Le rese ettariali, pari a 7 e 12 t/ha rispettivamente per Montepulciano e Passerina, sono sicuramente in linea con una viticoltura equilibrata denotando anche una corretta vigoria, sicuramente legata alle caratteristiche sia pedologiche che climatiche della zona in esame.
La Passerina ha evidenziato una produttività più elevata rispetto al Montepulciano imputabile al maggior numero di grappoli a ceppo (+3 grappoli per vite), ad un più elevato peso del grappolo (+28 g per grappolo) e dell’acino (+0,35 g per acino), mentre il numero di acini per grappolo è risultato simile (Tabella 1).
Vitigno | Montepulciano | Passerina |
Resa unitaria (KGG/ceppo) | 1,38 | 2,20 |
Resa ettariale (t/ha) | 6,9 | 12 |
Grappoli (n°/ceppo) | 8 | 11 |
Peso grappolo (g) | 172 | 202 |
Peso acino (g) | 2,06 | 2,41 |
Acini / grappolo (n°) | 85 | 83 |
A carico della macrostruttura dell’uva si evidenzia un maggiore capacità di accumulo di zuccheri nelle uve di Montepulciano rispetto alla Passerina (+2,2 °Brix) pur mantenendo un buon livello acidico (circa 6,3 g/l) e valori ottimali di pH (ossia 3,3) (Tabella 2).
Nel Montepulciano la maturità tecnologica, definita dal rapporto tra zuccheri ed acidità titolabile, è risultata pari a 3,55 e rientra nei valori ritenuti ottimali per i vitigni a bacca nera.
Vitigno | Montepulciano | Passerina |
Zuccheri (° Brix) | 22,4 | 20,2 |
Acidità titolabile (g/l) | 6,3 | 5,7 |
Ph | 3,33 | 3,30 |
Antociani (mg/Kg) | 2.040 | ... |
Polifenoli totali (mg/Kg) | 3.212 | ... |
Apa* (mg/l)) | 147 | 84 |
Riguardo i metaboliti secondari emerge una buona ricchezza sia in antociani, con oltre 2 g per kg d’uva, sia in polifenoli totali con oltre 3,2 g per kg d’uva (Tabella 2). Riguardo l’APA sono stati riscontarti valori ottimali per il Montepulciano, considerando che il suo optimum è intorno a 150 mg/l, mentre valori ridotti sono stati riscontrati nelle uve del vitigno Passerina.
I vini sono stati ottenuti da apposite microvinificazioni eseguite presso la “cantina sperimentale Montecristo” dell’Istituto Tecnico Agrario Einaudi-Ciuffelli di Todi (PG) utilizzando un protocollo standard di vinificazione. I quantitativi di uva utilizzati nelle micro-vinificazioni sono stati pari a circa 500 kg per il Montepulciano e a 260 kg per la Passerina.
I vini sono stati sottoposti a valutazione analitica presso “Enoidee Lab” di Torgiano (PG), mentre la valutazione sensoriale descrittiva-quantitativa è stata eseguita con un panel di 8 persone addestrato sull’analisi sensoriale dei vini.
Tali valutazioni sono state eseguite in doppio, utilizzando una scheda di tipo geometrico astrutturato, con i descrittori suddivisi nelle varie categorie. Dopo 10 mesi di affinamento in bottiglia, il vino di Montepulciano mostra una buona alcolicità, decisamente non eccessiva, associata a valori corretti di acidità e pH, anche l’estratto secco totale evidenzia valori elevati, con quasi 30 g/l, così come gli antociani, con oltre 660 mg/l, ed i polifenoli totali con oltre 2.500 mg/l.
La parte cromatica è decisamente positiva con oltre 17 punti di colore e anche la tonalità risulta ottimale (< 0,60) (Tabella 3). Riguardo il vino ottenuto con la Passerina, si denota una alcolicità contenuta, piuttosto in linea con le nuove tendenze dei consumatori moderni e con il fenomeno emergente del bere consapevole (light drinking), associato ad una buona acidità (> 6,1 g/l) e ad ottimali valori di pH ed estratto secco (Tabella 3).
Montepulciano | Passerina | |
Alcol (% vol.) | 13,63 | 10,80 |
Acidità totale (g/l) | 5,62 | 6,13 |
Ph | 3,68 | 3,13 |
Estratto secco totale (g/l) | 29,60 | 20,85 |
Antociani (mg/l) | 663 | ... |
Polifenoli totali (mg/l) | 2.504 | 240 |
Intensità colorante * | 17,4 | ... |
Tonalità colorante ** | 0,58 | ... |
Nel vino di Montepulciano l’analisi sensoriale ha messo in evidenza un bouquet intenso e complesso, nonostante la sua giovane età e l’assenza di maturazione in legno, in particolare spiccano i profumi floreali (viola), fruttati (ciliegia, e more), speziati ed una leggera nota di liquirizia. Al palato il vino esprime una buona struttura, una certa armonia e persistenza ed una nota di amaro piuttosto gradevole.
Il vino di Passerina si mostra leggero, piacevolmente acido, armonico e gradevole soprattutto per le note floreali e agrumate.
Il vigneto in esame, decisamente storico per il territorio in cui si trova poiché ha un’età superiore al secolo di vita e caratterizzato da elevata densità d’impianto e sistema di allevamento basso, è in grado di dar origine a vini sia di Montepulciano che di Passerina decisamente interessanti sia dal punto di vista analitico che sensoriale.
L’ambiente di coltivazione, non particolarmente caldo e decisamente ventilato, contribuisce a preservare nell’uva acidi organici, malico in primis, profumi varietali e componenti cromatici e a consentire un regolare accumulo zuccherino. Entrambi i vini sono infatti risultati piuttosto equilibrati, di buona qualità e graditi all’analisi sensoriale.
Sicuramente occorrerà monitorare l’evoluzione nel tempo di tali vini, soprattutto il Montepulciano, al fine di evidenziare la persistenza delle caratteristiche analitiche e sensoriali riscontrate e/o eventuali modifiche che avverranno nel corso degli anni. Infine, per il vino di Montepulciano sarebbe interessante valutare un eventuale invecchiamento in legno.
Bibliografia
Colacicci R., Parotto M, 2006. Geologia dei vini Italiani - Italia centrale (volume terzo). BE-MA Editrice, Milano.
De Bosis F., 1876. Bullettino Ampelografico - Fascicolo V (Anno 1876). Ministero d’Agricoltura, Industria e Commercio, Tipografia Eredi Botta, Roma.
Odoardi M., Novello V., Savino V., De Palma L., La Notte P.F., 2003. Nuove selezioni clonali di vitigni da vino abruzzesi.